“Turuche Larth Manthureje "
Traversiamo oggi il grande Parco Regionale per portare a compimento la prima escursione programmata per l’anno 2012 “Poggio Caiolo/Barbarano Romano”. Interamente racchiusa tra le gole di tufo ove è presente una vasta area necropolare.
Questa località venne identificata dallo storico Augusto Gargana nell’antica Marturanum, per una iscrizione dedicatoria su un pithos dipinto, rivenuto nel luogo (v. nota n. 1). L’ingresso, dall’area attrezzata di Poggio Caiolo, ci porta a sfiorare le varie ed estese aree cemeteriali che si affacciano sui corsi d’acqua discendenti verso il Biedano. La forra dischiude avanti il nostro cammino il fosso Verlongo con le sue folte vegetazioni. Le forti precipitazioni passate hanno rinverdito ovunque felci, edere arboree e salsa pariglia, mentre alberi, di specie mesofila, gettano già a capolino rosee gemme, favorite dal mite clima invernale. Ma oggi la temperatura sfiora lo zero e grazie al microclima eterogeneo nel canyon non avvertiamo affatto il freddo che ha reso “permafrost” tratti di terreno su cui camminiamo, con rumori di croste.
Presto raggiungiamo le tombe a Portico e di seguito l’imponente semidado della Tomba della Regina (V° sec. A.C.). Con i suoi dieci metri di altezza e 14 di larghezza è, del suo genere, la più imponente del parco. Attraverso due grossi portali dorici si accede alle camere funerarie. Nella camera di destra, se posti al centro, e si emette un tono di voce forte di bassa frequenza, si ode l’eco in tutta la valle circostante. Sono davvero collegate da cunicoli le tombe presenti? Bisogna però emettere un suono gutturale che provenga dalla base della cassa toracica e non intonare in coro “Quel mazzolin di fiori …” come hanno fatto alcuni tiburziani malandrini…!
Mentre la foresta pluviale “Amazzonica” si dispiega avanti a noi in tutto il suo sfarzo, intercettiamo il ponticello in legno che dal nostro versante porta direttamente ai sentieri delle aree archeologiche del San Simone e San Giuliano.
Poi sopraggiungiamo alla base della tomba del Cervo, ove è scolpito il famoso bassorilievo del lupo e del cervo, divenuto ormai simbolo del parco. E’ questa una tomba a dado del periodo “ellenizzante”, VI° secolo a.C., che accolse presumibilmente le spoglie di un cacciatore.
Qui dovrebbe terminare la nostra traversata, avendo, il Comune di Barbarano, con un’apposita ordinanza, interdetto di procedere oltre, verso l’intercettazione del Fosso Neme e quindi avanti sino all’incrocio del Biedano e poi avanti per Barbarano. Se ne disconosce il motivo! Sarà per sicurezza, per evitare che qualche gruppo, privo di conoscenza dei luoghi si avventuri entro i canyons e finisca col perdere il controllo dei sentieri.
Ma la nostra caparbietà non conosce limiti, proseguiamo avanti ancora. Doppiato il Neme, costeggiamo l’arco roccioso del Caiolo fino ad intercettare il Fosso di Chiusa Cima, con il suo ingannevole imbocco. D’ora in poi alcuni cellulari perdono il segnale, ciò che é “umano” si allontana, il serpentone del Tiburzi si allunga oltremodo, non più colloqui tra noi del duro quotidiano, qui i problemi assillanti si dissolvono. Mentre la “mascotte” del Tiburzi, dal sorriso lieto, va trascorrendo un’altra felice escursione.
L’alta forra precipita i nostri sensi nel silenzio profondo, non s’ode un rumore che riconduca al “caos”, ognuno di noi avverte il pulsare del suo cuore o la intima voce dell’anima. Né una parola corre, né il melodioso canto di uccelli, di quando in quando la sgraziata eco dei corvi, ultimi depositari dell’ultimo paradiso, ci raggiunge, sorpassa e prosegue oltre!
La profonda magia, come un sogno bello, svanisce sotto l’alto sperone di roccia di Barbarano che, pur pittoresco, ci cava da un meraviglioso eden!
BIEDANO - Canyion n. 1 A -
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